La Bauta è il travestimento veneziano del 1600 per antonomasia. Il Lorenzetti lo definisce “abito d’uso” più che vera e propria maschera, portata indistintamente da uomini e donne di ogni ceto e condizione, essendo medesima la foggia, poteva succedere che si trovassero assieme “la più grande nobiltà, la plebe più vile, e i delatori più insigni”.
La storia della bauta
La bauta ha sì conosciuto il suo massimo successo tra XVII e XVIII secolo, ma le sue origini si perdono ben prima nel tempo: la sua prima attestazione data al XIII secolo, e resta in voga fino alla caduta della Repubblica di Venezia, alla fine del XVIII secolo. Una popolarità incredibile, quindi, dovuta sia al ruolo particolare delle maschere a Venezia, sia alla praticità di questo costume, sia alla tolleranza ad essa riservata.
Tra tutte le maschere di Venezia, infatti, la bauta è quella che ha il maggior permesso di vagare per calli e campi: anche nei giorni di San Marco e dell’Ascensione, per l’elezione di dogi e procuratori, quando le altre maschere sono bandite. E non è tutto: poiché la maschera è, per definizione, lo strumento per diventare qualcun altro, non solo i nobili hanno diritto al suo utilizzo, bensì anche le classi meno abbienti. E le donne. Ma vediamo perché.
Che cos’è la Bauta?
Buhüten. “Proteggere”: il nome “bauta” deriva da questo verbo tedesco. Un nome assolutamente azzeccato, insomma, perché la bauta è un vero e proprio costume e, come tradisce il suo nome, protegge chi la indossa da sguardi indiscreti. Sguardi che vorrebbero svelare l’identità della siora mascara, ma non ci possono riuscire.